Condotte fuori controllo e consapevolezza delle conseguenze: il contributo della psicologia al tema dell’irresponsabilità sociale

Sono le 8:00 del mattino e sono imbottigliata nel traffico lungo una delle vie
principali della capitale, le macchine stentano a camminare e diversi semafori verdi
davanti a me si alternano ma la mia posizione nel traffico resta invariata: rischio di
arrivare ad all’appartamento. Pochi metri più avanti scorgo tra le macchine la polizia
municipale che, ferma al centro della strada con le volanti oblique, devia il traffico su
un’altra strada! Capisco in una manciata di secondi che è successo qualcosa di
grave. Quando è giunto finalmente il mio momento di svoltare, una rapida occhiata
dà un senso al triste epilogo di quella mattinata di un weekend iniziata nel traffico: un
altro grave incidente, un’altra vittima o forse più di una: le lamiere contorte saranno
presto rimosse, resterà un lampione piegato, dei vetri per terra, e forse un altro
mazzo di fiori comparirà presto legato all’albero più vicino.
Il mio viaggio prosegue ma nella mia mente continuano a ripetersi quelle immagini
forti. Mentre faccio colazione in un bar ascolto il sottofondo della radio che da tutti i
particolari dell’ ennesimo incidente che ha coinvolto giovani, anzi giovanissimi”. Solo
il giorno seguente sui giornali quell’incidente avrà dei volti, delle storie, delle vite
interrotte in quel dato giorno su quel dato posto. Attraverso un “orrificio mediatico” al
quale siamo sempre più abituati leggo di ragazzi che con buona probabilità erano
sotto effetto di alcol o di sostanze stupefacenti. Ma forse, secondo il mio punto di
vista, l’aspetto più inquietante di tutta questa storia è rappresentato da tutti quei
terribili commenti tesi a disumanizzare la vittima che non viene più intesa come tale
ma depauperata, impoverita di tutto il suo significato, dei suoi contorni umani, della
sua storia personale, emozioni e sentimenti. Ed ecco che il rispettoso silenzio viene
sostituito da solenni sentenze come se ognuno si ergesse a giudice delle coscienze
collettive: il commento più spietato sembra essere l’unico modo per giustificare a se
stessi e agli altri fatti drammatici. Tutto ciò è ancor più enfatizzato ed esasperato dal
mondo del virtuale, un vero e proprio porto franco dove l’assenza di dazi sembra
rendere legittimo qualsiasi pensiero e qualsiasi commento.
Colpita dall’analfabetismo emotivo che il mondo virtuale riesce a rivelare, continuo a
pormi delle domande sulla questione degli incidenti gravi e delle vittime della strada
e mi rendo effettivamente conto che l’Italia, come paese in Europa, è disciplinata da
un codice stradale rigoroso e ben strutturato, basti pensare al recentissimo reato di
omicidio stradale” introdotto nel codice penale nel 2016. Allora, che cosa sta
succedendo? Come mai, in barba a tutti i divieti, alle sanzioni, ai limiti di velocità, al
ristrettissimo consumo di alcol ammesso per poter guidare, gli incidenti e le vittime
sulla strada non sembrano diminuire? Forse qualcosa continua a sfuggirci, forse non
bastano regole rigidissime, da sole, a tutelare noi e i nostri giovani o ad evitare tali
tragedie.
Bisognerebbe andare oltre e volgere lo sguardo ai giovanissimi, agli adolescenti, ma
dalla prospettiva di adulti maturi, capaci di custodire, rappresentare e offrire un
modello da seguire, oggi più che mai. In un’epoca nella quale la nostra società si
muove all’interno di una cornice storica, caratterizzata da una straordinaria crisi
antropologica e culturale, nella quale i valori umani costruiti in secoli di storia vanno
verso la desertificazione, l’adulto responsabile ha un ruolo determinante nel fornire al
giovane la consapevolezza della quale ha bisogno per diventare adulto a sua volta.
Un ruolo che si esplica aumentando la propria attenzione intorno al giovane, non
solo nell’ambito della famiglia, ma anche e soprattutto attraverso nuovi patti di
corresponsabilità con le agenzie educative e le altre istituzioni. Solo in questo modo
potrà essere restituito a chi cresce una cornice sociale e culturale solida, che potrà
dargli un senso di unitarietà con il prossimo e condurlo verso il difficile processo di
consapevolezza e autonomia.
La patente con la sua validità legale, semplicemente permette a chi la consegue di
mettersi alla guida di un veicolo. Essa non dà al giovane la consapevolezza di ciò
che ora potrà fare. Un giovane che sta per diventare adulto dovrebbe avere la
capacità di darsi delle regole, dimostrando di aver introiettato un modello normativo,
un’etica solida nella quale i primi valori sono il rispetto di se stesso e degli altri, della
vita, della sofferenza, dei principi umanitari alla base di rapporti sociali civili e
cristiani”. Solo un adulto responsabile in grado di contenere e superare l’elefantiasi
dell’io adolescenziale può mediare questo rito di passaggio. In che modo dovrebbe
essere aiutato in questo processo fondamentale un giovane? Le norme restrittive, le
sanzioni fino alla condanna hanno sicuramente una valenza legale insostituibile in
una società ben regolamentata, tuttavia prima di arrivare ad esse, bisognerebbe
educare” i giovani offrendo loro dei modelli responsabili e autentici. Correggere,
redarguire, punire un giovane non lo porta necessariamente ad assumere
comportamenti responsabili. Davanti a un consiglio, i giovani abbassano le orecchie,
davanti a un modello spalancano gli occhi.

Mariangela Treglia

Dott.ssa Mariangela Treglia psicoterapeuta e ricercatrice ITCI (Tonino Cantelmi)