Il vescovo: essere come santa Lucia per chiedere «luce e grazia»

Doppio appuntamento, per il vescovo Domenico, il tredici dicembre: per onorare la santa martire Lucia, monsignor Pompili si è recato al mattino in ospedale, celebrando la Messa particolarmente dedicata al reparto di Oculistica, essendo la santa siracusana da sempre invocata per la protezione della vista, poiché l’agiografia tradizionale ne narra la passione con il supplizio degli occhi cavati; l’Eucaristia vespertina, invece, il presule l’ha celebrata alla cappella delle suore di Santa Lucia.

Il convento accanto a Palazzo Sanizi costituisce l’eredità locale dell’antica comunità di Clarisse – primo monastero clariano fondato in città nel Duecento, dalla stessa santa Chiara che vi inviò sua sorella – collocato inizialmente a Voto de’ Santi e poi portato intra mœnia  nel rione delle Valli, in quel complesso che oggi ospita le sedi culturali comunali della Biblioteca Paroniana e del Museo Archeologico. Dal complesso le monache vennero cacciate in seguito alle leggi eversive risorgimentali. La “superstite” chiesa di Santa Lucia, divenuta la parrocchiale del quartiere Fiume de’ Nobili e per qualche tempo concessa in prestito alla comunità ortodossa romena, è ora purtroppo chiusa in seguito al sisma. Dunque l’unico luogo di culto cittadino intitolato alla santa vergine siracusana resta la cappella dell’istituto di piazza Beata Colomba, le cui suore (assieme alla “gemella” comunità clariana di Perugia) sono da qualche tempo confluite nelle Francescane di Santa Filippa Mareri (altra ex comunità di seguaci della regola di santa Chiara passata dalla clausura alla vita apostolica).

È qui che diversi fedeli reatini sono convenuti sia per la Messa mattutina celebrata da monsignor Lorenzo Chiarinelli, sia per quella pomeridiana che ha visto all’altare monsignor Pompili, unendosi alla festa delle religiose e delle anziani ospiti della casa di riposo funzionante nell’istituto.

La riflessione don Domenico l’ha fatta scaturire dalle letture della liturgia del giorno, partendo dalla frase del profeta Isaia: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti insegno per il tuo bene, che ti guido per la strada su cui devi andare». Un ruolo di “guida” profetica ben interpretato da santa Lucia, che la tradizione cristiana, nel suo stesso nome e non senza un legame anche cronologico della collocazione della memoria liturgica in tempo di Avvento, verso la “luce” natalizia, associa da sempre alla luce, come ha voluto dire Pompili ricordando anche Dante che, all’inizio della Divina Commedia, viene soccorso nella sua “selva oscura” proprio da santa Lucia. La giovane martire siracusana, ha detto il vescovo, «deve la sua celebrità proprio all’essere stata identificata come “luce” e “grazia”. Entrambe le immagini evocano la presenza stessa di Dio che ci si fa accanto con la velocità della luce e la bellezza della grazia per orientarci nel cammino della vita».

Luce e grazia che, però, sono spesso rifiutate dagli uomini, ha proseguito il vescovo in riferimento al brano evangelico in cui Gesù rimprovera chi si oppone a lui come si era opposto a Giovanni il Battista. Accade, infatti, «che si rifiuti Dio e la sua luce perché, si dice, è un’ipotesi troppo severa, che mette in continua tensione con la paura dell’inferno. Oppure si rigetta Dio perché, si dice, sarebbe una via troppo comoda, perché ciascuno si fa un dio a propria immagine e si finisce per fargli dire quel che vogliamo. Insomma, si rifiuta sia il Battista che digiuna sia il Figlio dell’uomo che si diverte».

A Dio occorre dunque chiedere luce e grazia «per rischiarare il buio in cui siamo immersi» ha concluso monsignore, poiché «è questa cecità che ci fa perdere il senso della realtà, impedisce di distinguere» e di farci capire che «la vita è luminosa e bella, è luce e grazia come santa Lucia».