Pubblichiamo l’intervento del diacono Nazzareno Iacopini durante tavola rotonda: “Diaconi educati all’accoglienza e al servizio dei malati” , svoltasi nell’ambito del XXVI Convegno Nazionale della comunità del diaconato in Italia (Cefalù 2 – 5 Agosto 2017).
Il video dell’intervento.
Il testo dell’intervento.
Per prima cosa mi sento di ringraziare il Signore che mi ha dato questa bellissima opportunità di essere in questa antica Cattedrale e di essere con Voi. Ringrazio la Comunità del Diaconato d’Italia, l’Ufficio Nazionale per la Pastorale della Salute CEI, la Diocesi di Cefalù che ci ospita. Porto i saluti da parte del nostro Vescovo Domenico, della Diocesi e della Pastorale della Salute di Rieti e di tutti i miei confratelli diaconi appartenenti alla Chiesa di Rieti; in modo particolare Vi porto i saluti delle popolazioni terremotate.
Cosa significa essere diacono e tale figura serve nella Pastorale della Salute? Qual è l’obiettivo della Pastorale della Salute?
Le due parole chiave di questo importante e significativo convegno – ACCOGLIERE E SERVIRE .
Accogliere è ricevere le persone che chiedono il nostro aiuto, accettandole senza pregiudizi. L’accoglienza è parte della missione primaria del Diacono. Servire ha una doppia faccia per noi Diaconi: la prima è quella di eseguire i precetti e la volontà di Dio, la seconda (parte integrante della prima) esser soggetto allo stato di necessità altrui.
Come Diacono e Direttore dell’Ufficio per la Pastorale della Salute della Diocesi di Rieti in tanti anni di prima linea ho avuto molteplici esperienze di vita di cui cercherò di raccontarvi soltanto la parte più saliente.
Entriamo subito nel tema del nostro Convegno: serve la figura diaconale alla Chiesa? Soprattutto se serve nella Pastorale per la Salute e quanto è importante. Risponderò non con i documenti ufficiali ma con le parole pronunciate dal Papa in più occasioni. Riporto, quale esempio, le parole pronunciate nella visita pastorale alla Diocesi di Milano: “il diacono è custode del servizio della Chiesa. Siete sacramento del servizio di Dio e ai fratelli. È una vocazione che come tutte le vocazioni non è solamente individuale, ma va vissuta all’interno della famiglia, all’interno del popolo di Dio e con il popolo di Dio e all’interno del Clero.”
Custodire che significa? Significa avere cura delle persone, (le due importantissime parole di questo convegno: ACCOGLIENZA – SERVIZIO AI MALATI) assisterli provvedendo alle loro necessità. È, quindi, il custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, dei malati poveri, di coloro che sono più fragili e spesso sono nella periferia del nostro cuore, e anche nella periferia della Chiesa. È l’aver cura l’uno dell’altro nella famiglia. Noi diaconi siamo chiamati a custodire ogni persona, specie la più povera, quella malata, sofferente, in difficoltà, ricoverata nelle case di cura, case famiglia, case di riposo, negli hospice, malati poveri, o che vivono la propria vita nella solitudine e nella malattia. Nella famiglia, l’anziano povero e malato, è colui che non ha niente da dare. Proprio questa figura che non può dare niente, nessuno passa a vederlo a trovarlo o a stargli vicino. E’ terribile, non immaginate quante persone si trovano in queste condizioni. Ecco allora la figura del diacono. In sostanza, prendersi cura di chi nessuno vuole.
Ulteriore riflessione ci può dare l’omelia del Papa del 20/3/2017 in Santa Marta in occasione della festa di San Giuseppe: “affermando che Giuseppe è custode delle debolezze. Infatti egli è capace di far nascere tante cose belle dalle nostre debolezze. Egli è custode delle debolezze, della malattia, della povertà, della vecchiaia, della solitudine, della stanchezza, del lutto, della depressione, del terremoto. È molto bello accostare la figura di Giuseppe a quella del Diacono. Un compito fondamentale che Giuseppe ha ricevuto in sogno, perché lui era un uomo capace di sognare. Quindi non è solo custode delle debolezze, ma anche, possiamo dire, che è custode del sogno di Dio, il sogno di nostro Padre, il Sogno di Dio, della Redenzione, è quello di salvarci tutti”. Spesso ci scordiamo tutti che Gesù lavorava nella bottega di un falegname. Questo sogno di cui parla il Papa si è verificato nella mia vita di diacono. In primis attraverso l’Ordinazione Diaconale, in secundis come Responsabile della Pastorale della Salute e per ultimo con l’istituzione del Centro Sanitario Diocesano e dell’ Hospice San Francesco. Non entro nello specifico ma sono assolutamente convinto che la grandezza sta nel donarsi e non nell’apparato che rappresenti, questo è l’insegnamento più grande che questi anni di cammino diaconale mi hanno donato e insegnato. Il relazionarsi con gli altri è la cosa più importante. In questa terribile esperienza del terremoto ho capito che parlare con le persone, farle sfogare, e prestargli la nostra spalla per poter piangere le disgrazie avute (la perdita di un caro, la perdita della casa etc etc) è il compito che deve svolgere sempre in prima persona il Diacono nel suo cammino di ministro della Chiesa e di parte attiva della società. Ecco allora veramente il diacono Ministro della soglia. Le relazioni sono il senso sublime del ministero della Chiesa in Dio, è il donarsi, rendersi servo dell’altro e attraverso l’altro arrivare ad ammirare la grandezza di Dio stesso. Il sottotitolo del nostro convegno: (Accogliere Dio ed accogliere e servire l’altro è un unico gesto). Il servizio e la relazione con gli altri è anche il senso pieno di appartenenza a Dio, al creato e al genere umano. Ecco allora il diacono ministro della terra, ministro che crea ponti e va veramente nelle periferie esistenziali e che va anche dai malati poveri. Ministro della terra che congiunge la terra al cielo. Ministro della Chiesa e Diaconia Ecclesiale che compie il volere del Papa e del proprio Vescovo e della Chiesa di appartenenza. Ecco come deve essere interpretato veramente il Ministero e il ruolo del Diacono. Uomini della soglia tra la strada e il tempio. E questa è veramente la Chiesa in uscita. Papa Francesco vuole una Chiesa povera per i poveri, cioè diaconale, e molti diaconi sono impegnati principalmente nel servizio ai poveri, agli emarginati e ai malati poveri. Il ruolo del diacono nell’eucaristia è portare i poveri all’altare. Molto bella è l’espressione del Vescovo di Reggio Emilia che definisce sempre i Diaconi come i suoi capillari. Portano il sangue, il nutrimento e la vita anche nella parte più lontana del proprio corpo, tenendolo in vita. Il Diaconato deve essere in uscita perché è quel ponte che riesce ad unire i punti più lontani in cui la Chiesa Istituzione non riesce. Oggi la gente ha bisogno di vedere che i diaconi stanno sulle frontiere, in prima linea. Ospedali , Case di Cura, Hospice …… case famiglia, centri di accoglienza etc etc. e nella zona del cratere del terremoto del centro italia.
Eugenio Scalfari ha scritto un bellissimo articolo sul suo incontro con il Papa mercoledì 5 luglio 2017 in cui ha raccontato le sue lacrime nel lasciare il Vaticano, quando il Papa si è sostituito con umiltà all’autista e al suo accompagnatore e l’ha aiutato a salire in macchina, come l’ultimo dei servitori. Donarsi, Farsi vicino, interessarsi, prendersi cura, ecco il servizio diaconale. Qualsiasi parola non potrà mai paragonarsi a quell’umile gesto affettuoso, compiuto dal Papa.
Nell’udienza dello scorso 10 febbraio il Santo Padre nel ricevere i direttori e gli appartenenti alla Pastorale della Salute d’Italia ha pronunciato delle parole che devono far riflettere tutti noi: “la peggior discriminazione di cui soffrono i poveri – e i malati – sono poveri di salute e poveri di tutto – è la mancanza di attenzione spirituale e religiosa; hanno bisogno di Dio e non possiamo tralasciare di offrire a loro la sua amicizia, la sua benedizione, la sua parola, la celebrazione dei sacramenti e la proposta di un cammino di crescita e di maturazione nella fede.” Se queste sono le parole del Papa, il Diacono, credo fortemente, possa essere una figura fondamentale e fondante all’interno della Chiesa e della Pastorale della Salute. Soprattutto anche per quello che il Papa ci ha detto a Firenze il 10 novembre 2015: “Mi piace una Chiesa Italiana inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti. Desidero una Chiesa lieta con il volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza. Sognate anche voi questa Chiesa, credete in essa, innovate con libertà. Siete chiamati a vivere radicalmente la dignità di ogni persona come figlio di Dio.” Quindi è giusto e indispensabile che i Diaconi siano educati e formati all’accoglienza e siano al servizio dei malati. Il nostro convegno ha centrato veramente l’obbiettivo in ogni sua parte. Diaconato in uscita – Diaconato come forte vocazione ecclesiale – Diaconato dell’accoglienza, diaconato del servizio ai malati e dei poveri. Queste parole di Papa Francesco fanno comprendere senza ombra di dubbio, tutto il senso di essere diaconi educati e formati all’accoglienza e al servizio dei malati e dei poveri. Nella mia esperienza diaconale alcune famiglie, per fortuna poche, mi hanno manifestato addirittura il desiderio della morte del proprio congiunto, proprio perché povero e considerato inutile.
Papa Francesco ci ha spiegato che la Chiesa è un ospedale da campo e pertanto il Diacono deve porsi al servizio dei malati, in particolare dei più poveri, per farsi primo servo della carità.
CONCLUSIONI
Il verbo amare certamente è il verbo più bello del mondo, ma fondamentale è anche il verbo custodire (sintesi concreta di amare, aiutare, accogliere e servire ). Penso che queste siano le parole più belle e importanti del mondo, quando sono nella bocca e soprattutto nelle azioni di un diacono. Spero che questo Convegno, così bene organizzato in ogni sua parte, serva a tutti noi per orientare validamente anche il processo di AUTOCONSAPEVOLEZZA e di evoluzione del ministero diaconale.
Il Diaconato ha un carisma ecclesiale proprio, specifico che non ha da invidiare niente a nessuno. Fratelli Carissimi, dobbiamo volare alto, solo allora saremo segno concreto e importante per la Chiesa e per la Società e per noi stessi. La nostra sia una fede diaconale rivoluzionaria, che cambia il mondo, che cambia la Chiesa, che cambia la società, che cambia noi e le nostre Famiglie e che sia segno tangibile dell’amore di Cristo servo. Grandi nuove sfide ci attendono: comprendere il modo con cui essere segno della cura di Dio tra i malati e i poveri. Questa nuova prospettiva è rivoluzionaria. Non è cosa facile, ma con l’aiuto e la Grazia di Dio, sono sicuro che ci riusciremo.
È giusto che i Diaconi siano educati e formati all’accoglienza e al servizio dei malati prendendosi cura soprattutto degli ultimi. Questo è il risultato e la sintesi dei lavori del IV gruppo di lavoro di questo Convegno. Questa esperienza di coordinamento del gruppo è stata bellissima, innanzitutto perché c’erano tutti i rappresentanti delle Regioni d’Italia e di tantissime Diocesi. E’ stato un momento fortissimo di comunione, di confronto delle varie realtà Diocesane e di voglia di fare per il bene della Chiesa, della società e soprattutto per il bene dei più poveri. Come Diaconi siamo chiamati a trasformare il ricordo in opere, imitazione e profezia e incontrare le persone dove esse veramente si trovano. Esse vivono nella salute e nella malattia, nella gioia e nel dolore, ma soprattutto nei momenti in cui la vulnerabilità si fa particolarmente sentire e cercano nella nostra accoglienza e prossimità, il sostegno dell’ospitalità divina, la presenza compassionevole del Padre, le mani che versano sulle ferite l’olio della consolazione e il vino della speranza. Questo siamo noi. Questo dobbiamo diventare, questo dobbiamo essere.
Diacono Nazzareno Iacopini
Direttore Diocesano per la Pastorale della Salute
Diocesi di Rieti