Santa Giuseppina Vannini “luce gentile” tra le oscurità di questo mondo

Anche la diocesi di Rieti ha vissuto, con un nutrito gruppo di devoti e amici presente domenica in piazza San Pietro, la gioia della canonizzazione di Madre Giuseppina Vannini, fondatrice delle Figlie di San Camillo, elevata agli onori degli altari da papa Francesco insieme al cardinale John Henry Newman, a suor Mariam Thresia Chiramel Mankydiyan, a suor Dulce Lopes Pontes e alla laica Marguerite Bays.

E non poteva essere altrimenti, considerato il profondo legame storico-affettivo che lega la nuova santa alla nostra terra. Infatti, dopo la fondazione del 1892, dal lontano 1901 questa Congregazione è presente tra noi, anzitutto nel servizio ai malati all’interno dell’ospedale cittadino. Fu proprio la Vannini, in qualità di fondatrice e prima superiora generale, a decidere questa presenza, accompagnando di persona le prime consorelle che si stabilirono nell’allora casa di via Marchetti (dove oggi è l’hotel Miramonti). La Madre venne accolta da colui che volle fermamente questa presenza: il camilliano Giovanni Baccichetti, parroco di San Rufo al Centro d’Italia. Inizialmente l’opera delle Figlie di San Camillo si limitò al reparto femminile del nosocomio allora sito in via Centuroni, per estendersi poi all’intero complesso, allorché nel 1904 i Fatebenefratelli lasciarono Rieti.

Da allora, le Figlie di San Camillo hanno caratterizzato, con la forza del loro carisma, la vita stessa della sanità cittadina e provinciale. A nessuno, sfugge, infatti come quella illuminata scelta di santa Giuseppina Vannini seppe ampliarsi e consolidarsi anche a favore dell’assistenza agli anziani dell’Ospizio Cerroni di via Garibaldi (con la guida affidata a suor Marcella Schirato) e, dal 1969 al 2014, soprattutto con la Scuola professionale per infermieri (intitolata proprio alla Madre, fondata dalla compianta suor Carla Miglioli e guidata a lungo da suor Afra Marcolongo), fiore all’occhiello dell’educazione cattolica non solo locale, capace di “sfornare” nel tempo – ancor più dopo la trasformazione in corso universitario legato alla sede romana del “Gemelli” dell’Università Cattolica – una intera generazioni di giovani e validi operatori sanitari.

Una storia di amore al fratello sofferente e bisognoso che santa Giuseppina seppe instaurare (e ampliare fino in quattro continenti), applicando quotidianamente quella carità e quell’amore disinteressato che Gesù stesso raccomanda nel suo Vangelo.

Un’esperienza che diviene riconoscente gratitudine per l’opera delle suore camilliane, suggellata dalla giornata vissuta dai tanti reatini presenti al rito di canonizzazione. Una delegazione composta da religiose (anche di altre congregazioni), infermieri e amici, guidata da don Zdenek Kopriva (parroco di Vazia, nel cui territorio rientra l’ospedale intitolato a san Camillo de Lellis) e da Nazzareno Iacopini (direttore dell’Ufficio diocesano di Pastorale della salute): tutti con lo sguardo rivolto all’immagine buona e gentile della nuova Santa (con lei ne sono stati canonizzati altri quattro), attenti alle parole del Vangelo della domenica (quello dei lebbrosi guariti da Gesù) a alle parole del Santo Padre Francesco: «A Dio e ai nuovi Santi, chiediamo di essere così, luci gentili tra le oscurità del mondo. Gesù, resta con noi e noi cominceremo a brillare come Tu brilli, a brillare in modo da essere una luce per gli altri».

Una giornata densa di riflessione, dunque, ma soprattutto di emozioni intense, suggellata dalla successiva visita alla tomba della santa, esposta al pubblico per l’occasione presso la casa generalizia delle Figlie di San Camillo a Grottaferrata. Davanti a Lei, parimenti esposto, padre Luigi Tezza, il camilliano che fu decisivo per la scelta di Madre Vannini.

«La carità sia la vostra divisa e abbiate cura dei poveri infermi con lo stesso amore, come suole un’amorevole madre curare il suo unico figlio infermo»: fu questo l’imperativo categorico che santa Giuseppina affidò alle sue consorelle mai passato di moda e che si staglia, semplice e impegnativo, di fronte all’effimero di questo mondo.

«Gli insegnamenti e gli esempi di santa Giuseppina Vannini sono tantissimi – spiega il diacono Iacopini – e tra questi ci sono la vicinanza e la cura dei malati, come fanno ogni giorno le suore di Rieti. Di grande esempio era la parola d’ordine che ricordava ogni giorno alle consorelle: “la carità sia la vostra divisa”. Parole che dovrebbero essere impresse nel nostro cuore di cristiani ogni volta che facciamo del bene al prossimo, in modo particolare alle persone che sono malate e nella fragilità».

Il 27 ottobre alle ore 11.30, presso la chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta a Vazia, il vescovo Domenico presiederà una solenne celebrazione di ringraziamento in onore di santa Giuseppina Vannini.